La difesa a zona è stata, è, e sarà bistrattata , a livello giovanile, dalla maggior parte degli addetti ai lavori.
Io stesso, ho sempre contestato l'uso di questo tipo di difesa, soprattutto quando viene utilizzata per motivi puramente di risultato.
In una bellissima lezione, coach Corbani (attualmente head coach Biella) elencava e spiegava le motivazioni per le quali , a livello giovanile, non deve essere proposta la difesa 2-1-2 o 2-3 o qualsiasia altra. Motivazioni correttissime e supportate da fatti oggettivi.
Vorrei fare però fare il ragionamento opposto, il perchè, invece, può ed a volte DEVE essere utilizzata.
Facciamo però un distinguo doveroso riferito soprattutto all'età... a 13 anni no, mai!! A 15/17 forse .... a 19 sicuramente...
A 13 anni il percorso di apprendimento dei ragazzi è, quasi all'inizio. Si fatica ancora a trovare il proprio uomo velocemente e pensare di spiegare i principi difensivi della zona, senza che i ragazzi conoscano quelli della uomo mi sembra, oltre che sbagliato, utopistico.
Concentriamoci su una under 15/17
In teoria i concetti della difesa a uomo, quelli generali (lato forte/debole etc etc...) dovrebbero ( e lo dico con tanto rispetto...) essere appresi... quindi in modo parallelo perchè non insegnare i concetti generali della difesa a zona ?
Vi sono poi così grandi differenze, se usiamo il cervello, tra il marcare ( parliamo di posizionamento) la palla nella seconda linea della zona ed il lato debole della una a uomo ?
L'inserimento della zona può avere tanti aspetti positivi in diverse situazioni :
1) MIGLIORA LA TECNICA DI PASSAGGIO DELL'ATTACCO
2) MIGLIORA LA COMPRENSIONE DEL GIOCO IN ATTACCO ED ANCHE IN DIFESA.
3) MIGLIORA IL BAGAGLIO TATTICO/STRATEGICO DEI SINGOLI E DELLA SQUADRA
4) RISPARMIA "SPESSO" FIGURACCE
I primi 3 aspetti elencati, sono puramente tecnici e tattici, di cui potremmo parlare per ore, indicando tutti i punti a pro ed a sfavore.
Nessuno tiene mai conto però del punto numero 4. Qualche anno fa ho letto un post di un genitore su un noto forum, il quale affermava che non capiva perchè il proprio allenatore non giocasse mai a zona. Affermava che, soprattutto in un piccolo centro, perdere di 20 o perdere di 50 fa tanta differenza.....
Io trovo questo ragionamento non campato in aria. Soprattutto nelle piccole società, che vivono di piccoli risultati, dove il numero di ragazzi è sempre risicato, giocare e perdere male può rappresentare un problema che va al di la della singola partita. L'allenamento seguente, la prossima stagione qualche assenza in più, qualche iscrizione in meno.
A volte, quindi, utilizzare la difesa per limitare i danni ha senso!!
Ovviamente va insegnata mantenendo coerenza con il programma stilato, non cercando di "speculare" sulle mancanze altrui, ma intendendola veramente come parte di un percorso formativo, quindi utile alla carriera del nostro giocatore.
Wannes
Tutto quello che mi viene in mente.... a volte cose sensate altre meno; ma parliamone...
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domenica 25 gennaio 2015
venerdì 16 gennaio 2015
LA SQUADRA - Parte 1
Gli sport nel linguaggio comune , vengono suddivisi fondamentalmente in due grande categorie :
1) sport SINGOLI
2) sport DI SQUADRA
questa differenziazione è riferita esclusivamente tenendo conto alla prestazione ; quindi
, in modo molto semplicistico, possiamo affermare, e nessuno se la prenderà, che il tennis è uno sport singolo, il salto in alto, il golf anche, mentre il calciatore , il cestista , il pallavolista giocano in una squadra. E' questo un confine molto debole..ma ne parlerò più avanti.
In questo post mi piacerebbe parlare di cosa significa essere una squadra, come lo si diventa, sviscerandone alcuni punti e poi, se qualcuno interviene, parlarne.
Dal vocabolario .. SQUADRA: Nello sport, formazione organica che prende parte, come insieme unitario, a competizioni collettive (sport a squadre): s. di calcio, di rugby, di baseball, di hockey, di pallacanestro, di pallavolo, ecc.; gioco di squadra, soprattutto per indicarne la compattezza, il coordinamento. In sport individuali, gruppo di atleti che, per nazionalità, per appartenenza a una determinata associazione, per rappresentanza di una stessa casa industriale o commerciale, partecipano solidalmente a competizioni anche individuali: l’affermazione alle Olimpiadi della s. italiana di atletica leggera; la s. di pugili di una grande palestra; una s. ciclistica sponsorizzata da una grande industria.
La definizione del vocabolario è veramente molto interessante. Rileggetela..." formazione organica che prende parte, come insieme unitario, a competizioni collettive...." sino qui abbastanza semplice la cosa..
Ma poi parla di sport individuali...ed è bello.. Atleti che partecipano a competizioni singole ma fanno parte di una squadra. Pensiamo ad una staffetta nei 100 m, ma allarghiamo il concetto e pensiamo al rapporto allenatore/atleta, medico/atleta, i quali, per ottenere miglioramento e poi risultati devono formare una squara, solida, compatta, in cui la fiducia è alla massima potenza. Esistono quindi sport singoli ? o ne esistono solo di squadra ? Non lo so, sarebbe bello parlarne con un nuotatore o un tennista ad esempio, ma nella mia concezione preferisco definire lo sport come un gioco in cui due squadre si affrontano per raggiungere il miglior risultato.
wannes
1) sport SINGOLI
2) sport DI SQUADRA
questa differenziazione è riferita esclusivamente tenendo conto alla prestazione ; quindi
, in modo molto semplicistico, possiamo affermare, e nessuno se la prenderà, che il tennis è uno sport singolo, il salto in alto, il golf anche, mentre il calciatore , il cestista , il pallavolista giocano in una squadra. E' questo un confine molto debole..ma ne parlerò più avanti.
In questo post mi piacerebbe parlare di cosa significa essere una squadra, come lo si diventa, sviscerandone alcuni punti e poi, se qualcuno interviene, parlarne.
Dal vocabolario .. SQUADRA: Nello sport, formazione organica che prende parte, come insieme unitario, a competizioni collettive (sport a squadre): s. di calcio, di rugby, di baseball, di hockey, di pallacanestro, di pallavolo, ecc.; gioco di squadra, soprattutto per indicarne la compattezza, il coordinamento. In sport individuali, gruppo di atleti che, per nazionalità, per appartenenza a una determinata associazione, per rappresentanza di una stessa casa industriale o commerciale, partecipano solidalmente a competizioni anche individuali: l’affermazione alle Olimpiadi della s. italiana di atletica leggera; la s. di pugili di una grande palestra; una s. ciclistica sponsorizzata da una grande industria.
La definizione del vocabolario è veramente molto interessante. Rileggetela..." formazione organica che prende parte, come insieme unitario, a competizioni collettive...." sino qui abbastanza semplice la cosa..
Ma poi parla di sport individuali...ed è bello.. Atleti che partecipano a competizioni singole ma fanno parte di una squadra. Pensiamo ad una staffetta nei 100 m, ma allarghiamo il concetto e pensiamo al rapporto allenatore/atleta, medico/atleta, i quali, per ottenere miglioramento e poi risultati devono formare una squara, solida, compatta, in cui la fiducia è alla massima potenza. Esistono quindi sport singoli ? o ne esistono solo di squadra ? Non lo so, sarebbe bello parlarne con un nuotatore o un tennista ad esempio, ma nella mia concezione preferisco definire lo sport come un gioco in cui due squadre si affrontano per raggiungere il miglior risultato.
wannes
venerdì 2 gennaio 2015
IL CORAGGIO...
Anno nuova vita nuova...qualcuno affermava....ma sarà poi così vero ? Il termine dell'anno, se ci pensiamo, è solo una pura invenzione dell'uomo, il quale, per dar delle regole, ha deciso che quel giorno d'inverno( qui da noi...) coincidesse con la fine di un "tempo", e subito dopo, malgrado la "stagione" non sia terminata, ne iniziava uno nuovo.
Tra favole, superstizioni varie, siamo arrivati ad aggrapparci a quel giorno, per immaginare che indichi la fine di ...non so decidetelo voi di che cosa ....
Il fatto inconfutabile è che la mia vita, scandito l'ultimo suono del 2014 , non è variata...avevo l'influenza prima e ce l'ho ancora oggi....un po cinico, lo so, ma occorre essere anche realisti e meno sognatori.
Camminando per strada, la mia prima uscita ufficiale del 2015 ( lo ammetto, ho scritto 2014...) con Oliver (3, dico, 3 maglie...e chi mi conosce sa cosa intendo...), assaporando l'aria fredda che mi sfiorava il viso, con il Sole che dava quella fantastica luce, il cielo di un azzurro che poche volte lo si vede dalle mie parti, ho incrociato lo sguardo di un giovane uomo. Era seduto su una panchina, con la testa bassa. Probabilmente ha "percepito" il mio sguardo, nascosto dagli occhiale da sole. Ha alzato il capo guardandomi. Era un ragazzo emigrato da chissà quale paese dell'Africa, ben vestito, con uno sguardo che mi ha colpito. Mi ha fissato per qualche istante e poi è ritornato nella sua posizione, le mani che si tengono, la testa che guarda verso il basso. Ho provato ad immaginare a cosa stesse pensando. Forse solo una giornata storta o la preoccupazione di trovare degli euro per mangiare. Forse il rammarico di aver litigato con la fidanzata o con il capo .. In realtà il Suo mi sembrava uno sguardo di solitudine...di un uomo che si sente lontano da chi gli vuole bene, di un uomo che vorrebbe trovarsi in un altro posto, con altre persone , ma non può. Non so perché ho pensato a questo. Forse, tutto sommato, è la cosa più semplice da scrivere, pensare, ma , boh, è quello che ho percepito. Avrei voluto tornare indietro, giuro, e domandargli come andava, ma non ho avuto il coraggio. Si, perché anche nei piccoli gesti ne occorre di coraggio... Non temevo un " fatti i cavoli tuoi"per dirla bene, o non so cosa. Temevo di doverlo consolare...inventando poi delle false motivazioni, delle false illusioni o speranze. Cosa potevo offrirgli ? La mia amicizia ? Il mio appoggio ? L'amicizia non la si da così e non la si vuole così e del mio appoggio non se ne sarebbe fatto nulla...
Ho proseguito per la mia strada pensando a tutte quelle persone che si sentono sole... non è stato bello.
Mi ha distolto da questo Oliver abbaiando quasi per svegliarmi....
Io non so se quel giovane uomo stesse veramente pensando a quello che ho scritto, forse la mia immaginazione ha fatto troppa strada. Ho capito però a quanto, alla fine, sono debole....a non provarci neppure a domandare come stava... Non mi fa onore... Non vorrei che ciao fosse una prossima volta, ma ahimè, risarà...e forse riuscirò ad essere più coraggioso , a provarci almeno...
Wannes
Tra favole, superstizioni varie, siamo arrivati ad aggrapparci a quel giorno, per immaginare che indichi la fine di ...non so decidetelo voi di che cosa ....
Il fatto inconfutabile è che la mia vita, scandito l'ultimo suono del 2014 , non è variata...avevo l'influenza prima e ce l'ho ancora oggi....un po cinico, lo so, ma occorre essere anche realisti e meno sognatori.
Camminando per strada, la mia prima uscita ufficiale del 2015 ( lo ammetto, ho scritto 2014...) con Oliver (3, dico, 3 maglie...e chi mi conosce sa cosa intendo...), assaporando l'aria fredda che mi sfiorava il viso, con il Sole che dava quella fantastica luce, il cielo di un azzurro che poche volte lo si vede dalle mie parti, ho incrociato lo sguardo di un giovane uomo. Era seduto su una panchina, con la testa bassa. Probabilmente ha "percepito" il mio sguardo, nascosto dagli occhiale da sole. Ha alzato il capo guardandomi. Era un ragazzo emigrato da chissà quale paese dell'Africa, ben vestito, con uno sguardo che mi ha colpito. Mi ha fissato per qualche istante e poi è ritornato nella sua posizione, le mani che si tengono, la testa che guarda verso il basso. Ho provato ad immaginare a cosa stesse pensando. Forse solo una giornata storta o la preoccupazione di trovare degli euro per mangiare. Forse il rammarico di aver litigato con la fidanzata o con il capo .. In realtà il Suo mi sembrava uno sguardo di solitudine...di un uomo che si sente lontano da chi gli vuole bene, di un uomo che vorrebbe trovarsi in un altro posto, con altre persone , ma non può. Non so perché ho pensato a questo. Forse, tutto sommato, è la cosa più semplice da scrivere, pensare, ma , boh, è quello che ho percepito. Avrei voluto tornare indietro, giuro, e domandargli come andava, ma non ho avuto il coraggio. Si, perché anche nei piccoli gesti ne occorre di coraggio... Non temevo un " fatti i cavoli tuoi"per dirla bene, o non so cosa. Temevo di doverlo consolare...inventando poi delle false motivazioni, delle false illusioni o speranze. Cosa potevo offrirgli ? La mia amicizia ? Il mio appoggio ? L'amicizia non la si da così e non la si vuole così e del mio appoggio non se ne sarebbe fatto nulla...
Ho proseguito per la mia strada pensando a tutte quelle persone che si sentono sole... non è stato bello.
Mi ha distolto da questo Oliver abbaiando quasi per svegliarmi....
Io non so se quel giovane uomo stesse veramente pensando a quello che ho scritto, forse la mia immaginazione ha fatto troppa strada. Ho capito però a quanto, alla fine, sono debole....a non provarci neppure a domandare come stava... Non mi fa onore... Non vorrei che ciao fosse una prossima volta, ma ahimè, risarà...e forse riuscirò ad essere più coraggioso , a provarci almeno...
Wannes
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